O letame o morte. Ovvero non è detto che il letame sia sempre la panacea.
Entrare nel dettaglio su un argomento del genere non è edificante ma il giardinaggio è fatto anche di questioni terra-terra: in senso letterale. Forse è il caso di essere più precisi: come le stagioni, anche il letame, non è più quello di una volta…
La qualità è cambiata perché l’alimentazione degli animali (delle mucche, in particolare) non è la stessa: sono ipernutriti e, come la cronaca ci ricorda, non sempre i mangimi sono innocui. Nelle stalle, non ci sono più lettiere di paglia e foglie ma truciolato di legno. Risultato: il vecchio letame, grazie all’alta percentuale di paglia e foglie contenuta, era più leggero (se così si può dire), l’aria circolava meglio e questo aiutava la fermentazione. E poi: di che legno è il truciolato? Se è castagno o quercia, fermentando, libera tannino e il letame diventa acido: troppo.
Quanto alla fermentazione, i fans del letame a tutti i costi dovrebbero ricordare che è un processo fondamentale, senza il quale una carriola di letame perde tutto il suo valore. Il letame fresco ha un contenuto d’acqua altissimo: pesa molto ma “rende” poco. E porta con sé tutte quelle malattie fungine che solo la fermentazione distrugge. Quindi: letame sì, ma solo maturo. Se, com’è probabile che accada, si fa fatica a trovarlo, ci sono in commercio pastiglie di letame disidratato. Se invece è fresco, prima di usarlo, fatelo maturare per tutto il tempo necessario nel mucchio del compost.
E ricordate che oltre al letame, ci sono altri concimi organici: alghe, cornunghia, farina d’ossa, sangue di bue, lupini triturati, guano cileno etc etc… Insomma: nuove deiezioni, nuovi orizzonti.